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un’approssimazione alla pena di morte divisa in 9 capitoli

testo, scene, costumi e regia Angélica Liddell
con David Abad, Yuri Ananiev, Federico Benvenuto, Nicolas Chevallier, Guillaume Costanza, Angélica Liddell, Borja López, Sindo Puche
coro di laringectomizzati SHOUT AT CANCER Guy Vandaele, Frank Meeus e Andrew Pett
scherma paralimpica Alex Prior (Campione di Spagna in modalità sciabola) e Ayem Oskoz
e con la partecipazione di Emilia Buzzetti, Rebecca Buzzetti, Edoardo Collina, Alessandro Costa, Paolo Fazioli, Laura Gibertini, Monica Guizzardi, Martino Mancinelli, Stefano Polini con Paco, Beatrice Quinzi

produzione Iaquinandi S.L, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Festival Temporada Alta Girona, CDN Orleans Centre Val de Loire, Teatros del Canal Madrid
in collaborazione con Aldo Miguel Grompone, Roma

In quel tempo Pietro gli si avvicino a Gesù e gli disse: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte? E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”.

 

La vendetta è naturale per l’essere umano, ma niente è più difficile del perdono. Prima della fede e della speranza, c’è la carità, il punto più alto dell’amore che porta ad abbracciare i propri assassini. Angélica Liddell, performer e autrice potente, dionisiaca, personalità unica nel panorama europeo e mondiale, crea un nuovo, appassionato e implacabile rituale di liberazione.

Sono nove i capitoli che si susseguono sul palcoscenico, con una efficace comprensibilità estetica dove l’artista spagnola conferma il suo ineguagliabile talento nel generare opere d’arte – visive, performative, filosofiche.

Lo sguardo crudele sul male, secondo Angelica Liddell, è necessario all’essere umano, ad ogni essere umano, affinché possa rappresentarsi ed essere rappresentato nella sua più irriducibile sincerità o essenza. Ma per non ridimensionarsi a superficiale voyeurismo ha bisogno di utilizzare, a sua stessa difesa e a protezione della stessa sincerità, quello strumento potentissimo che è la “carità”, la cui forza, che non ha bisogno di spiegazioni o giustificazioni, è tratteggiata liricamente e metafisicamente, dunque anche religiosamente, da Paolo di Tarso nella sua prima lettera ai Corinzi (CAP. 13): “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.”

 

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